Cronache sparse di un anno (quasi) di lockdown a Londra.

L’ultima volta che ho preso la tube era Marzo 2020. Dieci mesi fa. Dieci mesi di vita sospesa tra quello che era “normalità” e quello che ora non c’è più. La libertà semplice di un abbraccio, le uscite al pub con gli amici, le sudate del weekend nei nightclub per alcuni, il primo bacio con il date conosciuto online per altri. Serate al cinema, al teatro, concerti di band aspettate per mesi, festival, mostre, eventi. Viaggi. Tutto cancellato. Ancora una volta la città si svuota .

https://www.alessandromariscalco.com/ Credit: Alessandro Mariscalco

Dieci mesi fa ero al quinto mese della mia prima gravidanza per cui per me di cambiamenti in atto ce ne erano già parecchi e all’inizio, considerata la pancia che cresceva velocemente, non mi era dispiaciuto poi più di tanto non dover fare la solita lotta mattutina nella giungla della tube londinese delle ore di punta per andare in ufficio.
Chi se lo sarebbe mai aspettato quanto mi sarebbe mancata… Reale è la nostalgia della libertà di respirare in faccia al vicino lì in piedi sulla porta del vagone, incastrata tipo pezzo di Tetris, pronta ad ogni fermata a prendere un respiro per fare spazio a qualcuno che entrava mentre sembrava che nessuno mai volesse uscire.

Stare in casa all’inizio mi era parsa una benedizione.

Solo che poi le strade hanno cominciato a svuotarsi e fuori dai negozi hanno cominciato a formarsi lunghe file di gente distanziata, tutti ad indossare una maschera a coprire mezzo volto, e sembrava la scena di un film tipo fantascienza o sci-fi, insomma mi avete capito.
fila 2 (lockdown)Però non era un film e, giorno dopo giorno, gli annunci del pm biondo si sono susseguiti, rotoli di carta igienica sono spariti dagli scaffali dei supermercati perché, chissà che ha pensato la gente mah, i parchi si sono riempiti di improvvisati ciclisti, corridori, palestrati ritrovatisi improvvisamente a dover stendere il materassino su un prato umido o come succedeva nel mio palazzo, nel cortile comune di un condominio . Poi è arrivata l’estate e tutti si sono un po’ rilassati fino a quando il pm biondo non ha cominciato a dare messaggi contrastanti: si può tornare a lavorare in ufficio ma dovete stare a casa, i mezzi di trasporto sono sicuri ma è meglio se ve ne state a casa, l’economia deve ripartire però forse dobbiamo chiudere i negozi di nuovo. Da inizio anno pare abbiano cambiato le regole 64 volte. SESSANTAQUATTRO VOLTE e la confusione tra quello che si può fare/si dovrebbe fare/ è assolutamente proibito scegli tu l’opzione che preferisci, è grande.

Con la città che si riempiva, svuotava, riempiva e poi svuotava di nuovo, a metà anno era chiaro già da un pezzo che la situazione fosse seria e che l’utilizzo della mascherina fosse fondamentale per limitare la diffusione del virus, eppure pare esistano per davvero dei bontemponi che credono sul serio che sia tutta una messa in scena. “Si sono presi la nostra libertà!” dicono ammassandosi nel centro di Londra per protestare insieme contro i poteri forti che vogliono, con la scusa del vaccino, inocularci chissà quale microchip… Per la serie Black Mirror è aria fritta in confronto. Poi chissenefrega se c’è gente più vulnerabile che di COVID morirebbe solo all’idea di poter essere contagiati… I vecchi? Son vecchi, se ne stessero a casa.

Insomma come se non bastasse la pandemia, sembra che quest’anno appena passato abbiano aperto le gabbie e tutti si siano sentiti in dovere di dire la propria senza neanche considerare l’idea di cercare le giuste fonti per informarsi, come se Twitter o, molto peggio, Facebook, fossero abbastanza, mah.

Arrivato Luglio poi, io mi sono presa una pausa dalle polemiche quotidiane e sono diventata mamma. Ma il COVID la pausa non se l’è presa e se io sono stata fortunata nel partorire in uno dei pochi ospedali dove era permesso avere il proprio partner accanto dall’inizio alla fine della degenza, molte altre donne hanno dovuto vivere l’esperienza più meravigliosa (e traumatizzante) della propria vita da sole… Che non è proprio “una passeggiata al parco” come direbbero gli inglesi.

La vita è proseguita e mentre tra un cambio di pannolini e l’altro le notti insonni si succedevano, nel momento dell’anno in cui il virus pareva essersi dato una calmata, la mia famiglia mi ha raggiunto per conoscere il piccolo di casa e non so quale Santo ringraziare perché non lo sapevamo allora, ma è stata l’unica volta in cui ho visto mia mamma, mio papà e mio fratello, in questo pazzo anno appena lasciato alle spalle. E così il piccolo di casa che brevemente aveva conosciuto abbracci in maschera dei nonni, ancora attende di conoscere un’intera meravigliosa famiglia che nel bel paese aspetta paziente che i numeri scendano regalandoci qualche settimana di normalità, o quasi.

Non che nessuno si aspetti ormai di tornare alla normalità, immagino. Dopo un Natale per molti trascorso in solitudine o con la propria “supportive bubble” mentre tanti se ne sono fregati e si sono rintanati nelle proprie case con amici o parenti, i numeri non sono scesi ed eccoci così a gennaio del nuovo anno in un nuovo, il terzo, completo lockdown. Tutti di nuovo a casa in attesa che qualcuno urli ad un certo punto: tana libera tutti!

La mia pausa dal lavoro per maternità finirà in primavera e in questi 9 mesi non ho fatto nulla di quello che programmavo… Ecco, le mie fantasie di viaggi di famiglia e nuove esperienze si sono di fatto frantumate con la realtà di vivere in una pandemia, un evento relativamente raro, eppure eccoci qui. Ma sinceramente mi sento quasi in colpa nel lamentarmi considerato quante persone stanno morendo a causa di questo virus o ne stanno subendo direttamente le conseguenze, preferisco concentrarmi sulla fortuna di avere una famiglia da cui tornare quando sarà possibile.

Intanto, mentre ogni giorno guardo mio figlio Samuel scoprire un nuovo pezzo di mondo ignaro di quello che accade fuori dalle finestre del nostro flat a nord di Londra, la mia mente si spinge ad immaginare la bellezza di quello che prima era normalità.

Con la fantasia coccolo il pensiero di quanto sarà bello abbracciare i miei amici forte forte, vedere Samuel giocare con altri bambini, volare con un aereo verso casa… E prendere la tube nell’ora di punta a mò di pezzo di Tetris ed esserne felice.

 

 

 

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