Siete tutti profughi (italiani all’estero)

Tra i temi costantemente caldi di questi ultimi anni c’è il fenomeno migratorio che sta ridisegnando la geografia dei nostri continenti dando adito ad una schizofrenica fenomenologia dell’immigrazione/emigrazione che divide le masse in favorevoli/contrari, innocentisti/colpevolisti, tutti forsennatamente bisognosi di dire la propria, emettere un giudizio, spesso con il sedere comodamente seduti sul divano di casa propria o dopo aver, seppure, sentito qualche notiziola alla tv. Allora l’Italia è invasa, l’Italia rischia, l’Italia è troppo buona, l’Italia subisce, e via con discorsi retorici tanto lunghi quanto privi di significato perché il problema del nostro meraviglioso popolo è che, quando si parla di memoria, ce l’ha corta e facilmente dimentica come la maggior parte di noi abbia almeno un parente che, in tempi di guerra, è fuggito all’estero per dare a ciò che rimaneva della sua famiglia, di cui noi siamo un pezzo postumo, un futuro, e si, alcuni di loro nel viaggio ci hanno anche rimesso la pelle.

Io vivo a Londra da quasi 5 anni. Sono partita pensando di fare un’esperienza che mi aprisse la mente, mi raccontasse storie nuove in lingue diverse e poi ci son rimasta, almeno per ora. Ma io qui ci sono arrivata baciata dalla fortuna di avere una famiglia alle spalle e nel lusso di poter scegliere. Perché se per caso li fuori ci fosse ancora qualcuno con qualche dubbio al riguardo, scegliere, oggi, è un lusso.

Le generalizzazioni, i commenti, le prese di posizioni assolute sono atteggiamenti comuni in una società multimediale in cui spazio e tempo sempre di più tendono a sovrapporsi. ecco perché il bisogno di fermarsi un attimo a riflettere. E, se si può, combattere a modo nostro questi pregiudizi. Ecco perché ospito volentieri sul mio blog il pensiero di Stefano Broli, direttore di Italian Kingdom che risponde ad un commento postato sulla pagina Facebook che recita così “Siete dei profughi”.

In giorni come questo mi verrebbe da dire: “Si, lo siamo tutti”. Cavalcare l’onda del buonismo e schierarci tutti come figli di un Dio che si è dimenticato del valore di ogni singola vita. 

Eppure no, non ci sto.

Io non sono un profugo, non sono in fuga. E credetemi non lo sono neanche le centinaia di migliaia di persone che hanno lasciato l’Italia in fuga dalla fine del mese, dal proprietario di casa o dal datore di lavoro. Ammesso che ci fosse.

Se abbiamo iniziato questa avventura per dare un volto oltre che una voce alla community degli italiani che vivono a Londra, ma potrebbe essere ovunque, è proprio perché abbiamo ogni giorni la scelta di poter tornare indietro. O perchè no, partire ancora.

Ho scelto di prendere il Ryanair delle 6:30, imbarcare una valigia, salire sul Terravision per Victoria.

Seriamente, pormi ogni giorno la domanda di come sarebbe stata la mia vita in Italia, se la scelta presa sia ancora quella giusta, come sarebbe fare altra strada al contrario.

Ecco. Questa e’ la libertà di scegliere.

Di scegliere se partire o no.

La metafora dei cervelli in fuga è come un’enorme etichetta sopra la testa, come se effettivamente si stesse scappando da qualcosa.

Forse serve solo a giustificare dei numeri esagerati, per trasformare una società che cambia in una catastrofe.

Di fronte a tragedie come quella di questo fine settimana o come quelle che verranno, perché sappiamo tutti sarà così, ci tengo ad esprimere il mio pensiero a nome di questo progetto.

Non siamo profughi, siamo persone che hanno potuto scegliere.

Ogni volta che un pensiero banalizza la realtà, la interpreta, la generalizza, è li che il cervello scappa un po’ di più.

 

(Stefano Broli, Direttore Italian Kingdom)

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