Lost in Samsara, l’avventura di due italiane a Londra per fare la differenza

La passione per i viaggi, il desiderio di far la differenza e contribuire al cambiamento della mentalità consumistica a cui in questo emisfero del mondo siamo tutti assuefatti, sono solo alcune delle ragioni che hanno spinte due ragazze italiane, Marvi e Alessia, ad iniziare una nuova avventura che nel 2015 le ha portate a fondare Lost in Samsara. Non solo borse e collanine ma un business che ha lo scopo di far fiorire economie povere facendo circolare valori e storie di posti lontani nel mondo che a volte si conoscono solo come mete turistiche. Marvi e Alessia mi raccontano da dove nasce questo progetto:

“Per molto tempo ci siamo sentite “perse in Samsara”. Intorno a noi, vedevamo abitudini ed atteggiamenti che non ci piacevano e quando inizi a notare queste cose, sembra che siamo ovunque finché ad un certo punto le cose che ti piacciono sembrano essere così lontane che quasi appaiono irraggiungibili. Ci siamo rese conto però che spesso quelle  stesse cose, sono solo nascoste dietro le nostre paure e così, un giorno, abbiamo deciso di provare pian piano a spingerle via. Abbiamo così cominciato a concentrarci di nuovo su ciò che ci piaceva rendendoci conto che ci sono tantissime iniziative meravigliose intorno a noi. Abbiamo scoperto che il mondo è pieno di gente che cerca di portare un cambiamento positivo nella comunità e abbiamo deciso che anche noi volevamo contribuire”.

lost in samsaraSamsara è un termine che proviene dalle religioni dell’India come buddismo e gigionismo e vuol dire “persi nel ciclo della vita”. Questa parola spesso si utilizza per indicare una specifica dottrina che si riferisce al ciclo di vita, morte e rinascita.

Lost in Samsara fa proprio questo, cambia le sorti di qualcosa di negativo trasformandole in positivo con l’obiettivo più grande di trasformare economie povere in cicli virtuosi. Ma da dove nasce la voglia di stravolgere la propria vita con uno stipendio fisso a fine mese per buttarsi in una nuova avventura solo spinti dal proprio ethos?
Marvi ci spiega la sua esperienza: “Quando mi sono trasferita a Londra avrei voluto lavorare all’interno di ONG ma le cose non vanno sempre come le programmi e così, a parte qualche collaborazione come volontaria per alcuni progetti ed i miei viaggi annuali quasi sempre verso mete lontane dove ho avuto l’occasione di entrare in contatto con alcune piccole comunità dall’economia molto povera, ho trascorso molti anni in una routine che non rispecchiava più i miei ideali. Nel 2015 però, al ritorno da uno dei miei viaggi in Nepal dove avevo acquistato dei piccoli regali da portare ai miei amici, ho avuto l’idea di trasformare la mia passione in qualcosa da poter condividere con il resto della comunità. Infatti, nei miei viaggi, ogni qualvolta decidevo di fare degli acquisti, ho sempre cercato di comprare oggetti che avessero un significato ed il cui acquisto andasse a contribuire alla sostenibilità di un progetto legato ad una comunità svantaggiata. Noi tutti sotto-stimiamo l’importanza della provenienza di ciò che ci circonda, diamo per scontato gli oggetti che utilizziamo e non sappiamo che magari un semplice segnalibri può raccontare una storia incredibile, la storia di colui o colei che lo ha realizzato”.

Per quanto l’uscita dalla comunità europea abbia in qualche modo cambiato la geografia politica del Regno Unito, Londra rimane un pò una dimensione a sé e la sensazione è sempre quella di una città ricca di opportunità ma c’è spazio per progetti solidali?

Alessia, ci spiega come per lei Londra sia il posto giusto: “Londra rimane una città multiculturale ed ha tuttora una grande apertura mentale. C’è molto spazio per progetti di varia natura ed anche dal punto di vista etico sono molte le iniziative che si possono trovare in giro. Gli stessi charity shops che si impegnano a rivendere cose usate per re-immetterle nell’economia devolvendo poi il ricavato ad enti benefici o progetti solidali sono una realtà molto importante che testimonia la mentalità aperta e il desiderio di fare qualcosa di importante a beneficio di popoli e Paesi con difficoltà enormi. Il punto però, è che se è vero che in molti posti si possono trovare prodotti “fair-trade”, prodotti quindi eticamente, esistono ancora pochi luoghi dedicati esclusivamente a questi prodotti dove poter contribuire con il loro acquisto a progetti importanti. Lost in Samsara nasce da questa esigenza, per esempio nella nostra iniziale ricerca di fornitori, ne abbiamo trovato alcuni in Guatemala che sostengono un progetto che va ad aiutare le donne indigene, promuovendo l’arte della tessitura applicata a prodotti destinati al mercato occidentale. 

hackney veroShoreditch-natureShoreditch-nature Mercury Boston BagLa pandemia che negli ultimi due anni ha stravolto il modo in cui eravamo abituati a vivere la nostra quotidianità, ha di certo contribuito a modificare anche il nostro modo di fare acquisti incrementando la spesa online piuttosto che quella nei mercatini in giro per la città e così realtà popolari come quella dell’Old Spitalfield market, hanno perso contribuiti importanti come quello di Lost in Samsara. Altra recente minaccia da fronteggiare è la vendita nell’era del post-Brexit, Marvi mi spiega meglio:

“Per noi il contatto con i clienti è sempre stato molto importante, poter spiegare da dove provengano i nostri prodotti o semplicemente rispondere alle domande di chi era incuriosito dalle nostre borse o le nostre collanine fondamentale, ma di fronte a qualcosa di così pazzesco come è stata la pandemia, abbiamo dovuto cambiare il nostro modello spostando la maggior parte delle nostre vendite online e affidandoci alla tecnologia per diffondere il nostro messaggio, la nostra vision, portare a casa dei nostri clienti un pezzo di storia di comunità piccole forse, ma piene di risorse. Il Brexit poi, ha complicato la fluidità delle dinamiche commerciali con conseguente  diminuzione di ordini dall’Europa ma nonostante tutto la nostra community continua a crescere ed è meraviglioso vedere così tanto supporto”.

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logoLost in Samsara non solo vende prodotti bellissimi ma con il suo modello di business crea opportunità di lavoro retribuito per artigiani provenienti da comunità povere e disavvantaggiate con un impatto sociale enorme.

Nonostante le difficoltà di questo momento storico che ahimè vede trasformarsi le realtà geopolitiche, Lost in Samsara continua a crescere contribuendo a far fiorire microeconomie e restituendo dignità a realtà di cui i media spesso si dimenticano di parlare e ci ricorda che a volte anche un atto semplice come quello di acquistare un regalo può avere un impatto enorme sulla vita di persone lontane e sull’ambiente.

Parlare con Marvi e Alessia due italiane a Londra che hanno avuto il coraggio di costruire qualcosa di concreto mi ha in qualche modo ricordato che nonostante il Brexit e gli sconvolgimenti degli ultimi anni questa città può ancora essere generosa con chi veramente ha voglia di realizzare i propri sogni.

La community di Lost in Samsara è anche su Instagram & Facebook

 

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