Il sogno di partire per Londra, a volte una scelta difficile

Apro la mia casella di posta elettronica e puntualmente trovo l’email di qualcuno che vuole trasferirsi a Londra “dopo un’anno di disoccupazione mi sono arresa e preparo le valigie” dice una: “voglio capire se è vero ciò che sento dire in giro che a Londra è tutto più semplice” recita un’altra. Frotte di ragazzi spesso poi non più così giovani, si ritrovano a rimettere tutto in discussione, fare nuovi piani che poi si rivelano essere la spasmodica ricerca di una via di fuga.

L’Italia bella, quella dei poeti, dell’arte e della moda, sembra non avere più abbastanza pane da dare da mangiare ai suoi figli che, nella confusione totale dovuta all’esser cresciuti col sogno della laurea prima, e del lavoro poi, decidono ad età in cui la precedente società ci voleva sistemati e con prole, di andare alla ricerca di un piano B.

Bisogna ricominciare da capo.

Ma ricominciare da capo non è semplice. Ricominciare da capo vuol dire, specie all’inizio, rinunciare a mille cose, fare sacrifici, stare lontani dai propri affetti e ricercare all’interno di se stessi una grande capacità di adattamento.

500.000. Siamo mezzo milione noi italiani qui a Londra, lo sapevate? Ma si che lo sapevate, ormai è su tutti i giornali e non si fa altro che parlare di questo fenomeno non più tanto silente, che vede migliaia di italiani ogni anno attraversare le frontiere all’inseguimento di un sogno.

Un sogno semplice: l’ambizione di vivere sereni, pagare le bollette, svegliarsi la mattina e andare a lavoro, e poi aspettare la sera per godersi un’atmosfera serena data dalla consapevolezza che anche quel giorno si è concluso per il meglio, anche quel giorno si può andare a dormire  tranquilli. Sogno semplice? Non nel nostro Paese ahimè.

Che poi forse dovremmo fare tutti un mea culpa, troppo facile, forse, dare tutta la responsabilità alla generazione precedente che ci ha cresciuti e viziati. Ci hanno promesso che un giorno avremmo raggiunto il successo, saremmo diventati insegnanti, avvocati, giuristi e scienziati, ma quella ragazzi, era un ‘epoca dove la parola precarietà non era di uso comune. Forse avremmo dovuto lottare di più e non rassegnarci ad una logica che vede il lavoro come premio per aver leccato il culo di quel direttore di banca, piuttosto che quel politico. Recentemente intervistavo un italiano qui a Londra, uno di quelli che ce l’ha fatta per intenderci e che, anche lui dopo i 30, ha detto basta all’Italia e ha fatto un biglietto solo andata. Mi parlava di scelte, lui, e mi diceva che la sua scelta personale è stata quella di non voler fare parte della categoria dei rassegnati, non voler guardare la propria vita sbriciolarsi nel tentativo di abbattere un muro così alto come quello che si è frapposto tra i giovani in Italia e il futuro.

E si perché di questo stiamo parlando, di un futuro troppo spesso negato.

E mi piange il cuore.

Mi piange il cuore perché personalmente di realtà belle e sane in Italia io ne conosco. Ragazzi che si reinventano, creano, mettono su associazioni, organizzazioni e cooperative per esempio, realtà che funzionano… finché non devono confrontarsi con l’altra parte dell’Italia. Quella degli enti, le regioni, i comuni, che soldi non ne vogliono dare per quelle attività così importanti per il territorio, dicono che non ne hanno ma poi… Voglio dire… lo sappiamo tutti come stanno le cose.

E la mia non vuole essere una polemica sterile basata su un discorso retorico, ma la presa di coscienza di un momento estremamente delicato e sconcertante di cui noi italiani non più ventenni siamo i protagonisti. E allora ci vuole coraggio.

Coraggio a partire, coraggio a restare, coraggio a tornare.

Devo ammettere che quando sono partita quattro anni fa mi cullavo ancora nell’illusione che sarebbe bastato un annetto fuori, imparare l’inglese e magari fare una nuova esperienza lavorativa per spianarmi la strada e magari tornare. Ma poi una volta qui, l’idea di tornare diventa sempre di più come una foto sfocata, si perdono i margini, i colori si attenuano e lentamente si ha difficoltà a mettere a fuoco il soggetto.

Arrivi qui e scopri nuove regole, che a volte non ti piacciono per carità, ma che devi rispettare.

Regole da rispettare.

Scopri che devi fare la fila ovunque, anche alla fermata del bus, che devi arrivare in orario, che l’educazione anche, qui è una regola e non solo un buon costume, scopri che se vuoi fare carriera lo puoi fare, ma devi dimostrare di meritarlo. E allora impari nuove parole che improvvisamente assumono un significato, come quel vocabolo tanto bello di cui tanti fino a quel momento si son sciacquati la bocca: meritocrazia. E che succede allora? Succede che dopo un anno vissuto qui, dove hai sentito freddo, ti sei mangiato le peggio schifezze esistenti sulla faccia della terra, hai insegnato ai tuoi come usare Skype, Viber, WhatsApp, hai patito la nostalgia più nera per i tuoi amici e tutto quello che era una volta la tua quotidianità, scopri che quelle regole non ti fanno più tanto schifo perché quelle regole sono quelle che fanno funzionare un Paese che semplicemente… funziona.

Io, di italiani che dopo sei mesi a Londra sono scappati a gambe levate ne ho conosciuti parecchi, di quelli che “ma che scherzi io ho una laurea e un master mica mi posso ridurre a fare il cameriere!” o quelli che “meglio disoccupati in Italia che col maglione d’estate a Londra”. Niente da obiettare, infondo non c’è nulla di sbagliato in questo, non è sempre semplice adattarsi ad un’altra vita, anzi vi dico… è tutto meno che semplice.

Londra, ragazzi, è una città tanto bella, quanto dura. Chi ci è stato se ne accorge immediatamente di quanto i ritmi siano diversi, a Londra si corre sempre e, difficile da spiegare, la sensazione è quella di essere sempre in ritardo per qualcosa. Però poi, ho conosciuto anche tanti italiani che qui si sono realizzati, che a questi ritmi si sono abituati, e sì, molti hanno iniziato come camerieri è vero, nonostante lauree e dottorati nel cassetto. Anche io l’ho fatto e non è che sia stata l’esperienza più esaltante della mia vita ma quello che ho imparato in quei mesi è stato fondamentale per tutto quello che è seguito poi. Senza considerare poi che, fare i camerieri qui, in molte realtà vuol dire avere possibilità di carriera, vuol dire emergere in un settore come quello della ristorazione che, in una città come questa, è un settore importantissimo.

Recentemente mi hanno chiesto che cosa ha il sistema Inghilterra che noi in Italia non abbiamo più  da offrire alle nuove generazioni. Suonerà come una risposta caustica, ma per me il bene primario di cui siamo stati deprivati è la speranza.

A ventanni, abbiamo studiato, lavorato gratis, fatto sacrifici e fatto fare sacrifici ai nostri genitori perché di speranza ancora ne avevamo, ma ora quello che sento in giro è solo un grande senso di frustrazione e sfiducia.

Che consigliare a chi viene a Londra, cosa rispondere a quelle email per me è sempre una responsabilità, una cosa difficile da fare perché Londra per me è la città che fino ad ora mi ha dato tanto, permettendomi di ricominciare a credere in me stessa e soprattutto ricominciare a credere in un futuro, ma di certo non è il Paese dei balocchi.

Mi son trovata a dirlo tante volte: Londra è una giostra che va velocissima, da cui è difficile voler scendere una volta che si è su ma, forse, la scelta più difficile, è volerci salire.

19 Commenti su Il sogno di partire per Londra, a volte una scelta difficile

  1. Articolo che mi fa pensare molto in un momento critico della mia vita. Alle volte mi accorgo di quanto il nostro Paese sia così pieno di bellezza in ogni angolo, una bellezza rara che rappresenta un po’ tutto il mondo in una sola penisola ed è un gran peccato tutto ciò vada perso. Forse noi italiani sbarcati in terra straniera pronti a maturare nuove esperienze un giorno torneremo in Italia a mettere in pratica quelle competenze apprese all’estero, ci arrotoleremo le maniche e tenteremo di cambiare le cose. Speranza o sogno? Io la chiamo speranza ma se per voi è solo un sogno, beh.. lasciatemi sognare!

    • Cristina Carducci // 13 ottobre 2014 a 11:44 // Rispondi

      @lucia: grazie mille del tuo commento. Credo che con le tue parole riassuma quella che è un pò la speranza e il sogno forse, di molti degli italiani a Londra.

  2. Solo qualche precisazione: Londra non è l’Inghilterra, ti basta uscirne per capirlo. Che cos’ha di diverso Londra dalla nostra Italia? Principalmente i soldi. E’ l’unica città della comunità europea tra le dieci città con più miliardari al mondo. Il resto viene di conseguenza. In bocca al lupo.

    • Cristina Carducci // 13 ottobre 2014 a 11:41 // Rispondi

      @Lorenzo: grazie per il tuo commento. Di certo Londra non è rappresentativa della realtà inglese ma è anche vero che gli italiani che emigrano in Uk risiedono principalmente in questa città. Detto questo, credo che ci siano anche tantissime altre città nel Paese in cui i nostri connazionali trovano accoglienza e soprattutto.. trovano lavoro. La differenza che noto io, è non solo nella ricchezza economica di questo Paese ma nel fatto che questa ricchezza sia risultato di un sistema che funziona e si basa su criteri quali la meritocrazia per esempio. Ovviamente non siamo nel Paese dei balocchi e sono tante le cose di cui potremmo discutere ma se sono sempre di più le persone che arrivano qui a cercare fortuna è perché ci sono delle motivazioni forti a spingerle. Poi che noi veniamo dal Paese più bello del mondo, è fuori discussione, sarebbe bello però sentirsi liberi di viverci.

  3. Quando ho messo piede a Londra un anno fa, sapevo che avrei vissuto in una città in cui sarei stata sempre circondata da gente, ma paradossalmente sarei sempre stata sola.
    Vedere persone correre lungo le scale mobili per un treno che sarebbe passato dopo un minuto, vedere persone mangiare un sandwich in treno e realizzare che quello era un “pranzo”, o ascoltare i lunghi silenzi in treni sovraffollati sono state le prime cose che mi hanno impressionata.
    Poi ho iniziato a capire la differenza di quel minuto, ed ho iniziato a correre anch’io per quel treno; ho capito che tempo per mangiare a casa non c’è e soprattutto, non c’è una tavola da apparecchiare per la famiglia: quindi ho iniziato anch’io a mangiare qualcosa al volo in treno; ho iniziato a capire che in quel treno siamo a 1 cm di distanza gli uni dagli altri, eppure mai stati così distanti: quindi ho iniziato anch’io ad ascoltare musica per coprire quel silenzio assordante.
    Inutile parlare delle interminabili ricerche per trovare una STANZA decente, e per decente mi sarei accontentata di non trovare vomito sulla moquette o topi in casa. Ma questa è una realtà che tutti noi conosciamo.
    Per quanto mi riguarda, con Londra è odio/amore: non posso negare che in Italia non avrei mai potuto essere indipendente come lo sono stata quì a 18 anni. A volte però dopo una giornata passata a cercare di conciliare lavoro, studio, rapporti sociali e quelli virtuali con casa, sento semplicemente come se questa città avesse preso un pezzo della mia vita che avrei potuto vivere più spensieratamente.
    Apprezzo Londra per tutto ciò che mi ha dato, e sono sicura che tra qualche anno apprezzerò ancor di più tutti i sacrifici fatti, ma personalmente, non è una città in cui pianifico di restare per sempre.

    • Cristina Carducci // 13 ottobre 2014 a 18:38 // Rispondi

      @lucia: grazie per questa testimonianza. Secondo me Londra è, al contempo, amore e odio per molti di quelli che qui ci vivono e, soprattutto, lentamente la “imparano” a vivere. Ma, per capirlo, bisogna esperirla per poi magari riuscire anche ad apprezzare e godere delle mille opportunità che offre. In bocca al lupo. :)

      • io ho vissuto a Londra 3 anni (2008 – 2011). Andai li per imparare l inglese, ed effettivamente i primi mesi hai addosso l’adrenalina per il fatto che ti trovi in una grande citta’ che apparentemente ti offre tutto e ti da tutte le possibilita’ di carriera. Poi pero’ dopo un po’ che ci vivi arrivi a fare valutazioni molto diverse,e le strade sono in salita. Il lavoro lo trovi, ma se non hai qualifiche particolari finisci a fare il cameriere o il commesso per non piu’di 1000 sterline al mese,uno stipendio che non ti consente di vivere in appartamenti singoli ma in condivisione. I lavori qualificati li offrono a persone con grandi curriculum e la competizione e’spietata. L’Italia e’immensamente piu’bella dell Inghilterra,se non fosse per la difficolta’di trovare lavoro che costringe molti giovani ad andarsene, molti controvoglia.

  4. Quasi un anno fa ,mio marito(imprenditore) padre di 3 figli soffocato da tasse,e tutto ciò che, sappiamo benissimo, ci impongono dall’alto,ha preso questa difficile decisione fare la valigia e partire a Londra….iniziare tutto da capo,riprendere quel mestiere lasciato per tanto tempo chiuso in un cassetto(pizzaiolo).
    Dopo 8 mesi vissuti lontani un’altra difficilissima decisione:fare i bagagli e portare anche i bambini,perché la voglia di ritrovare la serenità è più forte della paura …
    Ora siamo qui da quasi 3 mesi,i bambini vanno a scuola,a volte tornano felici,altre un po’scoraggiati …ma si sa,loro hanno mille risorse…io lavoro(come cameriera),vado al college per imparare al più presto la lingua,una piccola casa e tanti sacrifici…tutti i giorni mi chiedo se abbiamo fatto la scelta giusta,ma più mi guardo indietro e più mi rendo conto che,l’Italia,oggi come oggi ,non può e non vuole offrirci un futuro migliore.

    • Cristina Carducci // 14 ottobre 2014 a 10:06 // Rispondi

      @michela: grazie della tua testimonianza. Ritengo sia davvero importante condividere queste esperienze. Di una cosa sono certa, i sacrifici prima o poi vengono ripagati. In bocca al lupo a te e la tua famiglia.

    • Ciao mi sembra di leggere la mia storia, ho 40 anni un fallimento sulle spalle e una famiglia da riconquistare, mi dai un consiglio vale la pena partire e provare ?

  5. Articolo molto bello e che condivido pienamente, visto che ne ho conosciute tante di persone che dopo 6 mesi non hanno resistito e se ne sono andate (“perché l’acqua di Londra non è buona come quella italiana per bollire la pasta”) e altre invece che sono venute senza lavoro o esperienza alcuna e si sono “realizzate”, trovando un lavoro decente sufficiente a pagare l’affitto e le bollette e qualche birretta la sera…

    La mia storia invece è completamente diversa, visto che avevo un buon lavoro in Italia, che ho lasciato per un lavoro migliore qua a Londra. Non ho patito mai la fame, ho sempre mangiato bene e vissuto in belle case. Si, tutto è migliorabile, specialmente il tempo (devo ammettere che anche dopo 2 anni e mezzo ancora mi manca il sole), però dopo tutto mi sento molto fortunato!

    • Cristina Carducci // 16 ottobre 2014 a 20:37 // Rispondi

      @italianinlondon: La bellezza di questa città è che ognuno porta il suo bagaglio di esperienze.. Grazie di aver condiviso la tua.

  6. Hai scritto esattamente quello che penso io da quattro anni, da quando mi sono trasferito in questa città. Non è facile, per niente. Ma qui c’è speranza, lo dico sempre.

  7. Io sono arrivata a Londra a Maggio di quest’anno, con un contratto già in mano, dopo due anni e mezzo passati a lavorare in Irlanda in un paesino di 6 mila abitanti a sud di Cork. Il nuovo cambio di vita non è stato facile, Londra offre di tutto e mi ha fatto sentire meno alienata rispetto alla vita condotta in Irlanda, ma non è una città in cui sento di poter vivere a lungo, pertanto dopo quasi tre anni all’estero ho deciso di tornare in Italia, giusto o sbagliato che sia.
    complimenti per l’articolo e per i successivi contributi tutti molto interessanti !

    • Cristina Carducci // 23 ottobre 2014 a 13:04 // Rispondi

      Grazie mille Ilaria e soprattutto grazie per aver condiviso anche tu la tua esperienza. In bocca al lupo!

  8. Sono 3 anni che vivo a Londra e leggendo questo articolo non ho potuto fare altro che immedesimarmi nella tua esperienza. Grazie per averla condivisa! Giulia
    http://romaninlondon.com/

  9. anche per me è stato difficile scegliere di partire per londra.. però l’ho fatto, e sono contento! londra è una città molto grande e può sembrare dispersiva, però alla fine se trovi i tuoi spazi diventa come molte altre città, con una mentalità aperta e innovativa. complimenti per il bell’articolo, grazie per aver condiviso la tua avventura!

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