Bruno e il suo Mogees, l’invenzione che unisce matematica e musica.
Nella fantasia di noi bambini degli anni 80, l’inventore indossava sempre degli occhiali ed aveva un espressione un po’ pazza. Poi capita che, da adulti, se ne incontri uno vero in carne ed ossa: giovane, con tanti ricci in testa ed un sorriso disarmante, semplice e modesto ma custode di un’invenzione meravigliosa.
E così Londra, città scelta da tanti come trampolino di lancio per i propri progetti, è casa anche per Bruno, trentenne veneto, papà di Mogees, l’invenzione di cui praticamente tutti i giornali di hi-tech del mondo si sono occupati quasi ancor prima che l’oggetto venisse prodotto. Si parla di ricerca, musica e matematica insieme, in un applicazione che oltre ad interessare gli ingegneri informatici di mezzo globo, cattura l’interesse di musicisti e band famosi come per esempio Rodrigo y Gabriela e i Plaid.
Musica, matematica e ricerca dunque, in un percorso di un ragazzo che è alla guida di una start up tra le più innovative nel campo dell’hi-tech e che non potevo farmi sfuggire l’occasione di incontrare.
Ma chi è Bruno Zamborlin e come arriva a Londra?
Sono un ricercatore con un background e forma mentis completamente accademica che ha deciso di provare a diventare imprenditore per un motivo forse molto diverso da quello di altri e cioè il desiderio di andare oltre l’idea di ricerca legata a pubblicazioni, all’idea di “paper” e fare veramente qualcosa che possa essere condiviso con chiunque, non solo con gli addetti ai lavori. Nel mio caso si tratta di music technology.
Sono andato via dall’Italia quando avevo 22 anni per un Erasmus ad Amsterdam dopo il quale è arrivata l’esperienza a Parigi dove lavoravo come ricercatore all’Ircam, un grande centro di ricerca musicale in cui ho imparato tantissimo e dove sono rimasto per quattro anni. A Londra ci sono arrivato grazie all’assegnazione di una borsa di studio per il dottorato presso la Goldsmiths University College. La ragione per cui scelsi questa città come prima opzione era la voglia di vivere in una metropoli con tutte le grandi opportunità che può offrire ma anche e soprattutto il desiderio di lavorare in un Istituto che combinasse il mondo dell’arte con quello dell’informatica, cosa che, 4 anni fa, non era molto semplice trovare.
Un’anima da artista con una mente matematica, Bruno unisce le sue più grandi passioni senza farsi mancare nulla e così se fin da adolescente suona in piccoli gruppi e inizia il suo percorso musicale, è la matematica il suo primo vero amore.
La passione per i numeri era qualcosa di evidente già all’età di sei anni mentre quando ne avevo tredici mi sono avvicinato alla musica, ho imparato a suonare la batteria e fatto parte di gruppi spaziando dal post punk, musica sperimentale fino ad arrivare a conoscere la musica classica contemporanea quando ero in Francia. Più ascoltavo musica e più mi rendevo conto di questa impressionante e, ad i miei occhi, chiara intersezione tra la musica ed il mondo della matematica per cui la conseguenza naturale per me, considerato il mio background, è stato cercare l’applicazione dei software che possono usare la teoria matematica per sperimentarli nel mondo della musica. Prima di Mooges ho inventato altri strumenti mentre negli ultimi anni la mia passione si è spostata dal puro creare strumenti per generare suono, al design di interfacce, quello che in accademia è chiamato Human Computer Interaction e che sostanzialmente consiste nel rendere uno strumento utilizzabile, accessibile ed intuitivo per chiunque. Applicare le nuove tecnologie nel mondo della musica in chiave di design, di prodotto, questo è ciò che mi piace fare.
L’esperienza londinese porta Bruno ad insegnare, lavorare e scrivere al suo progetto di dottorato mentre il suo naturale estro, unito alla passione e al desiderio di rendere tangibile la conoscenza accumulata negli anni, nel suo tempo libero prendono forma in un oggetto piccolo ma grandissimo agli occhi del mondo delle nuove tecnologie. Si chiama Mogees.
Mogees è un dispositivo che trasforma qualsiasi oggetto in uno strumento musicale andando a “tradurre” il rumore emesso, in musica. L’idea è nata dal desiderio di utilizzare tutta la potenza della musica elettronica fuori da uno studio di produzione rendendola performativa, improvvisativa, visiva. Un dispositivo dalle tantissime potenziali applicazioni e per questo molto interessante per musicisti e band come Rodrigo y Gabriela che con mio enorme piacere hanno portato il Mogees sul palco della Royal Albert Hall in una performance da brividi e con cui ho avuto la possibilità di girare il video promozionale per la campagna crowdfunding di Kickstarter.
La storia di Mogees, piccolo dispositivo che a guardarlo sembra quasi un gioiellino da indossare, comincia nel 2012 quando Bruno posta su Youtube un video girato in maniera molto semplice dove lui, in giro per Londra, mostra i vari utilizzi della sua creatura facendo suonare diverse superfici della città. Un video che ha aperto le porte ad un nuovo futuro…
Era il 30 dicembre 2012 quando ho postato su YouTube questo video realizzato senza attori o effetti, davvero semplicissimo, dove appiccicavo il Mogees su un palloncino,ad una fermata del bus, su un albero e mostravo i suoni creati da questi oggetti. Sono poi partito per le vacanze senza connettermi ad internet per circa una settimana, trascorsa la quale ho scoperto che il video aveva fatto il giro del mondo ed era stato pubblicato ovunque: da Wired Usa a Discovery Channel fino alla BBC. Una sorpresa quasi sconvolgente che mi ha fatto capire improvvisamente l’interesse che la mia idea poteva avere per molte persone: era quindi il caso di mettersi a lavoro e trasformare la mia idea in un prodotto.
E così inizia l’avventura di Bruno che da matematico e amante della musica riesce attraverso la sua passione ad unire i mondi in cui si sente più a suo agio e trasformarli in un oggetto che tutti vogliono. L’interesse è grande ma l’inizio non è semplice…
Una volta presa la decisione di far diventare il Mogees un prodotto, ho dovuto risolvere problemi di varia natura, il primo dei quali all’interno dell’Università per quanto riguardava le questioni legate alla proprietà intellettuale. La Goldsmiths University infatti, è un Università d’arte che non era preparata a gestire progetti informatici in cui potenzialmente qualsiasi idea può diventare prodotto, per cui, l’assenza di un incubatore all’interno, ha rallentato un po’ tutto. Io sono stato il primo studente phd e primo staff member in generale a chiedere di aprire una start up, cosa a cui non erano pronti. Da li sono iniziate una serie di negoziazioni alle fine delle quali ho deciso di riappropriarmi del mio strumento e di aprire nel luglio 2013 la Mogees Limited. Mi son ritrovato nell’anno finale del dottorato, il più duro, con una start up appena aperta e quindi nella sua fase più delicata: lavoro, studio; studio e lavoro in una spirale pazzesca, un anno davvero difficile.
Sacrifici, grande passione, grinta e determinazione spingono Bruno a sfidare le difficoltà e così, con una sola sterlina, da inizio ad una nuova avventura con l’aiuto di chi, fin da subito, sostiene il suo progetto scommettendoci su…
La decisione di aprire una start up è stata facilitata dal sistema inglese che permette di aprire una compagnia con un pound e soprattutto dal sostegno di chi ha da sempre creduto in questo progetto. La formula Family, friends and fools è stata la carta vincente all’inizio di un percorso che non sapevo ancora con certezza dove mi avrebbe portato e che quindi ha contato sulle risorse di chi come me, ha creduto nel progetto, da mia mamma, ad un mio cugino residente a Londra, amici ma anche sconosciuti che hanno voluto prender parte alla sfida. Il sostegno che questo progetto ha raccolto è stato davvero pazzesco con tantissimo pubblico a sostenerci ancora prima che la campagna Kickstarter iniziasse. Così ho potuto assumere le prime tre persone, il Ceo, il developer e l’head of marketing, unica e brillante italiana, Beatrice Finauro.
Un avventura elettrizzante quella di Bruno che continua a raccogliere successi e consensi formalizzati da una campagna di crowdfunding il cui risultato supera di gran lunga le aspettative…
Terminati i primi finanziamenti, decido di provare con una campagna di raccolta fondi attraverso i canali di Kickstarter. Un mese prima che la campagna avesse inizio, nel marzo 2014, ricevo una telefonata da Rodrigo, il chitarrista del duo Rodrigo y Gabriela, che voleva avere un Mooges da usare durante i live: dopo due giorni ero a casa sua a Barcellona dove abbiamo girato il video ufficiale della campagna e iniziato un’amicizia bellissima. Il genuino interesse nei confronti di Mogees dimostrato dalla gente ancor prima della campagna mi faceva ben sperare ma il successo che abbiamo riscontrato è andato veramente oltre ogni aspettativa: l’obiettivo di 50.000£ è stato superato con la raccolta di 100.000£, pazzesco.
L’impatto mediatico globale e il successo della campagna crowdfunding dunque, sono stati un biglietto da visita eccezionale per cominciare la ricerca di un investitore che al di fuori di ogni aspettativa viene dal Belpaese…
Tra i potenziali finanziatori che si sono dimostrati disponibili ad investire sul progetto la scelta è caduta su M31, un incubatore italiano specializzato in innovation molto diverso da altre realtà e con progetti davvero fantastici. Di Padova, sono una realtà fuori dal comune e mi ha convinto subito il loro approccio perfettamente collimante con il profilo della mia start up. Quindi per quanto forse un po’ strano, considerato che in genere le imprese italiane trovano finanziamenti in Inghilterra, e non il contrario, sono stato fortunato ad avere loro a finanziare quello che era il prossimo step: concludere la versione beta del Mogees, produrre 2000 unità da dare ai nostri backers di Kickstarter e lavorare al mass-market trasformandolo in un processo accessibile a tutti. Con un milione di euro in tasca la start up si allarga, da 4 diventiamo 15 e, a grandi ritmi, continua il lavoro per raggiungere tutti i nostri obiettivi.
Ma Bruno nonostante i grandi impegni e uno stile di vita centrato sul lavoro, non dimentica l’importanza che la musica ha nella sua vita e nello sviluppo di Mogees. Nascono nuove collaborazioni artistiche tra cui quella con i Plaid, gruppo esistente sin dagli anni 80 e famoso nel mondo.
Per quanto la ricerca sia una parte essenziale della mia vita ho sempre cercato di fare attenzione che non risucchiasse la mia parte artistica. E’ stato importantissimo mantenere vive le collaborazioni artistiche che si sono create in questo percorso e che sono poi state il motore trainante del prodotto stesso, perché è solo quando ne vedi l’utilizzo che puoi renderti conto dei suoi punti deboli e degli aspetti che possono essere migliorati. Come dicevo, per me arte e ricerca sono due aspetti della stessa cosa, le due parti di me di cui non posso fare a meno.
Tra le collaborazioni nate grazie al Mogees vado molto fiero di quella con i Plaid tra quelli che mi hanno contattato dopo aver visto il video del dispositivo online.
Grazie all’interesse scatenato da Mogees, questo piccolo gioiellino dell’hi-tech, Bruno si ritrova a conoscere centinaia di persone e a fare tantissime esperienze straordinarie in tutto il mondo fino all’ultima, lo scorso maggio che lo ha visto letteralmente “suonare” un aeroplano russo risalente alla guerra fredda… Una performance che, neanche a dirlo, è rimbalzata su tutti i siti di tecnologia più importanti…
Tra le esperienze più interessanti e di cui mi sento fortunato ad aver vissuto, c’è di certo la mia partecipazione al Polytech, un Festival di musica elettronica russo che mi ha contattato chiedendomi di essere loro ospite lo scorso maggio. Una volta scoperto che avrei avuto la possibilità di “suonare” un aeroplano degli anni ’70 in uno scenario unico dove il background era la statua di Lenin e lo Space Racket, pensando al motto di Mogees, “Play The World”, ho deciso che era un occasione che non potevo farmi sfuggire. Così sono volato a Mosca dove ho curato l’installazione che prevedeva 8 Mooges attaccati in parti differenti dell’aereo e suonati da 10 ragazzi volontari che si sarebbero esibiti insieme a Jekka, una performer molto conosciuta a Mosca. Sperimentare questa applicazione del Mogees è stato fantastico, davvero straordinario.
Musica, arte, viaggi, matematica, ricerca, lavoro e profondo amore verso quello che fa. Bruno, questo giovane inventore dal sorriso contagioso, a Londra ha trovato ciò che gli serviva per succedere nel suo campo. Mi chiedo allora… Sarebbe stato possibile raggiungere un tale successo in Italia?
No, purtroppo non credo che le cose sarebbero andate allo stesso modo. Londra è una città unica per quanto riguarda molti aspetti e di certo per quanto riguarda l’apertura mentale che ha nei confronti delle nuove idee, dei giovani, delle start up e dell’arte. La copertura mediatica che si può avere qui non credo sia raggiungibile con la stessa facilità in altre città europee e l’autorevolezza dei media anglosassoni è tale che funzionano come megafono facendo rimbalzare le notizie dall’altra parte del mondo in pochi minuti. Inoltre, l’attenzione che si ha verso gli artisti emergenti è pazzesca. In due anni io ho esposto due volte al Victoria Albert Museum ed una volta al British Museum mentre purtroppo non posso vantare simili esperienze in Italia. Inoltre ho avuto la possibilità di suonare in venues pazzesche come ad esempio la Roundhouse, la Royal Albert Hall, il Rich Mix…
Altro aspetto per cui Londra è assolutamente incomparabile con l’Italia è la facilità con cui è possibile aprire una propria compagnia senza doversi scontrare con il muro di banche, enti ed Istituti che con la loro burocrazia scoraggiano ogni iniziativa ancora prima che ci si provi. In Italia si comincia a parlare solo da poco di start up e si è ancorati ad una visione antica e polverosa del fare business. Il concetto di innovazione, praticamente, non esiste.
L’approccio inglese invece, è più moderno, implementa ed incoraggia le nuove realtà cercando di fornirgli gli strumenti giusti per supportarle e semplificando la parte burocratica al punto che, anche chi è un neofita di certe pratiche, riesce con semplicità a comprenderle.
Altro grandissimo vantaggio di vivere a Londra è la possibilità di fare del networking una reale possibilità per avanzare con i propri progetti. Gli eventi che vengono organizzati in questa città sono sensazionali, ogni giorno c’e la possibilità di incontrare tantissime persone interessate a quello che fai, c’è una grande vivacità culturale in una città che, non dimentichiamo, conta otto milioni di persone.
Il “contro” di Londra è legato semmai al costo della vita. Qui tutto costa tanto, pagare un dipendente costa quanto ne costerebbero tre in Italia e inoltre il mio finanziamento è in euro per cui con il cambio si soffre un po’ ma le occasioni che offre il vivere in questa città sono assolutamente impagabili.
In Italia purtroppo al momento manca la fiducia, non c’è contatto tra ricerca ed innovazione e la start up senza ricerca non può essere competitiva. Ci sono delle realtà sane che fanno grandi sforzi ma sono ancora davvero poche. La mia fortuna è stata quella di entrare in contatto con una di queste gemme.
Tre consigli ad un italiano che domani volesse intraprendere un percorso simile al tuo ed aprire una propria attività/start-up?
1) un impegno ed un umiltà iniziale per riuscire ad avere un prototipo funzionante, una dimostrazione pratica del valore tecnologico o commerciale dell’idea. Mai essere snob, bisogna dimostrare all’investitore che l’idea funziona
2) capire che oggi siamo nell’epoca del crowdfunding, usare questo tool eccezionale per trovare fondi e provare la trazione commerciale che quell’idea ha
3) essere flessibili e testare il mercato. L’ideale sarebbe partire presto, testare il mercato, ascoltare il proprio pubblico. L’aspettare troppo in nome del perfezionismo può portare a sprecare tempo prezioso.
Al secondo round di investimenti, presto Mogees sarà lanciato sul mercato, mentre sono migliaia quelli che aspettano di entrare in possesso del gioiellino creato da questo giovane ricercatore italiano. Saluto Bruno che, con un sorriso che sa di un adolescenza ancora non dimenticata, ha lo sguardo di chi ha provato ancora una volta che la determinazione e i sacrifici a Londra possono pagare.
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