A colazione con Enrico Franceschini

In una domenica piovosa di quelle che a Londra annunciano l’arrivo dell’inverno, ho incontrato Enrico Franceschini. In jeans, giacca sportiva, berretto e un sorriso largo come solo quello degli italiani può essere, sotto un ombrello a ripararsi dalle gocce che scendevano copiose, mi ha accolto all’uscita della metro di Camden Town. Si, ci vediamo in uno dei quartieri più popolari della città, amato dai turisti e dai londoners perché come mi dice lui al telefono “Forse sono più punk di quello che uno si aspetterebbe da me”. Enrico, dopo più di dieci anni trascorsi qui come corrispondente per La Repubblica è un londoner a tutti gli effetti e sì, lo ammetto, incontrarlo mi ha fatto un certo effetto. Mi ha fatto effetto perché Enrico è un giornalista che io leggo da tanti anni, un giornalista “di gambe”, old school, di quelli che ha iniziato la professione battendo sui tasti della sua Olivetti per poi ritrovarsi catapultato nell’epoca della multimedialità dove la vita del corrispondente, come dice lui, è diventata “come quella di un giocoliere che non deve mai far cadere le palline” diviso tra social-media, versione cartacea, ipad, web, insomma.. con giornate tanto lunghe quanto intense. Enrico è un uomo che sorride tanto, un osservatore del mondo intorno a lui, un curioso della vita con cui è facile parlare e che trasmette tanto entusiasmo e positività. Ha visto tanti pezzi di mondo, Enrico, e li ha raccontati a noi italiani che, dallo stivale o in altri Paesi, attraverso le sue parole abbiamo conosciuto l’America prima, la Russia poi, passando per Israele fino a Londra. Enrico, autore di tanti romanzi tra cui L’uomo della Città Vecchia” (Feltrinelli 2013) e “Londra Babilonia” (Laterza 2012).

E allora, una volta seduti in un bar con i nostri caffè caldi tra le mani, gli chiedo.. Ma chi è Enrico Franceschini? Sorride lui e mi racconta come tutto è iniziato.

“E’ iniziato tutto con un sogno, come quello che accomuna tanti italiani di oggi che partono con un biglietto solo andata; io sognavo l’America. Già al liceo scrivevo di sport su vari giornali e finita l’Università ho deciso di andare a New York. Non conoscevo nessuno, non sapevo l’inglese ma con una borsa rossa con poche cose dentro, la mia Olivetti e mille dollari in tasca, sono partito all’avventura pensando di fare un’esperienza temporanea, imparare l’inglese e tornare in Italia per lavorare come giornalista. Ancora non sapevo che quell’esperienza avrebbe cambiato per sempre la mia vita. La mia fortuna, è stata quella di trovarmi al posto giusto nel momento giusto e così come è successo per altri miei colleghi, da Riotta a Lucia Annunziata per esempio ed altri di testate come Il Corriere, Il sole24 ore eccetera, in quegli anni c’era bisogno di corrispondenti in Italia e noi eravamo li. Quello è stato solo l’inizio”

Dall’America sono passati anni. Anni in cui Enrico ha visto molto, conosciuto tanto, raccontato quasi tutto, fino ad arrivare a Londra. Mi chiedo.. per chi di mondo ne sa un po’ che effetto fa all’inizio, Londra?

“Come racconto in Londra Babilonia, all’arrivo in questa città, non ho sentito lo stomaco bruciarmi come mi è successo a New York o nella piazza Rossa di Mosca dove, come in un colpo di fulmine con una donna, le emozioni mi hanno rapito totalmente. Il mio rapporto con Londra si è costruito diversamente, un po’ come con una cara amica con cui passi del meraviglioso tempo insieme ma sostieni di non potertene mai innamorare fino a quando un giorno ti svegli e realizzi che proprio quella, sì quella, è la donna della tua vita.

Rispetto alle altre città in cui ho vissuto però, l’inizio a Londra è stato diverso. Innanzitutto per la prima volta non ho dovuto imparare la lingua e poi un po’ per la vicinanza geografica, un po’ perché era facile incontrare altri italiani, per la prima volta mi sono sentito subito a casa”.

Londra è una città che cambia volto in fretta, velocemente muta pelle… ma come è cambiata “la sua” Londra in questi ultimi dieci anni? 

“In dieci anni ho visto Londra diventare sempre più globalizzata, una vera città del mondo con migliaia di culture, lingue, persone di ogni dove, come dicevo nel mio libro su questa città, qui la vera sfida è trovare gli inglesi. Personalmente poi, se possibile, la sensazione di sentirmi a casa è ancora più forte. Già nel 2003 eravamo tanti, noi italiani, ma adesso siamo una vera e propria comunità e in continua crescita. Ricordo che all’inizio avevo un po’ di nostalgia del disordine del nostro Paese, non so, magari la possibilità di parcheggiare in seconda fila per prendere il giornale al volo, mi infastidiva l’assoluta mancanza di flessibilità degli inglesi, il fatto di vedere le regole come le tavole di Mosè, impossibile fare eccezioni, ma poi con il tempo, inevitabilmente capisci che qui le cose funzionano proprio grazie alle regole e al loro rispetto e allora succede magari che quando torni in Italia, non riesci più ad adattarti al meccanismo opposto e finisci per cercare parcheggio anche per prendere il giornale al volo”.

Ma ogni cosa nasconde sempre due volti e allora chiedo ad Enrico quali sono i si di Londra e quali i no…

“Ciò che non si può non amare di questa città è che qui c’è tutto quello che vuoi, eppure non sembra mai troppo. Non ha importanza quale sia il tuo interesse, qui troverai pane per i tuoi denti, Londra è la New York d’Europa. Queste commistioni di popoli, razze, culture creano una nuova razza metropolitana. Coppie miste che concepiranno figli misti che fanno solo tanto bene al nostro dna, meraviglioso. È  una città che ti sorprende tutti i giorni, non lascia spazio alla noia, in ogni momento ed ogni luogo, potresti fare incontri particolari ed interessanti, non sai mai quello che ti potrebbe capitare. Londra offre ancora lavoro e poi è vivace, è il terreno fertile per tante start-up, direi che è il posto più vivace dopo la Silicon Valley. Mi dicono, infatti, che qui chi vuole aprire un’attività si dimentichi delle lungaggini burocratiche che caratterizzano il nostro Paese, c’e una maggior circolazione di denaro, le leggi sono chiare e semplici, c’e la certezza del diritto, la lingua è parlata da tutto il mondo, insomma, c’è davvero grande dinamismo.

Di contro, è una città costosissima, prima di partire all’avventura bisognerebbe farsi due conticini ed essere consapevoli che per vivere e stabilirsi qui bisogna essere disposti a fare grandi sacrifici. Inoltre, se economicamente può essere una sfida per un 20/30enne, le cose si complicano quando a trasferirsi è una famiglia. I prezzi delle case  sono inaccessibili per chi non ha uno stipendio superiore alla media e credo che l’unica possibilità sia fare come ormai fanno molti londoners, quindi trasferirsi appena fuori città e vivere da pendolari ma con la possibilità magari, di comprare casa ad un prezzo decente, avere accesso a scuole pubbliche per i propri figli e allo stesso tempo poter accedere a tutte le opportunità che Londra offre”.

Cultura british vs cultura di casa nostra.. cosa ci differenzia maggiormente?

“Trovo che oltremanica ci sia più disponibilità ad ascoltare l’opinione altrui, a rimanere aperti ad un cambio d’opinione e non chiudersi dietro barriere inutili mentre l’Italia è da sempre divisa tra “guelfi e ghibellini”. Io non ho mai amato gli schieramenti né da giornalista, né da uomo, tra il bianco e il nero ho sempre preferito il grigio, specie nelle situazioni più complesse. Di questo Paese poi, ho imparato ad amare la facilità nel contattare le persone ed anche personaggi importanti, qui non “se la menano” e se anche magari non sono disposti ad incontrarti c’e sempre una risposta educata, non vieni mai ignorato. In Italia al contrario,  spesso abbiamo un atteggiamento spocchioso, “ce la meniamo” tantissimo, inviare un email può voler spesso dire non ricevere mai una risposta ed anche il capetto della più piccola realtà di provincia si atteggia a Dio in terra, un atteggiamento a cui sono insofferente. E’ una questione di mentalità, credo.

Dall’altro lato però, io sono tra quelli profondamente legati all’Italia da un amore viscerale e così rimango ottimista e penso che, anche se stiamo attraversando un momento difficile e forse non potremo rivivere il periodo del boom economico, troveremo comunque il modo di farcela. Il nostro Paese è unicamente meraviglioso per le sue bellezze artistiche, naturali e diciamolo.. anche per il carattere stesso degli italiani: siamo gente simpatica, generosi, belli, caldi e socievoli, infondo dietro ogni stereotipo c’e sempre un fondo di verità”.

Vivere da corrispondente in una città come Londra deve dare mille possibilità, ma quale l’esperienza più bella, indimenticabile?

“Ricordo sempre con grande piacere la sera in cui mi sono trasformato in una sorta di “Cenerentola”. In occasione della visita di Ciampi alla regina, anni fa, fu organizzata una cena a Buckingham Palace, così mi sono ritrovato a noleggiare un frac ed una macchina con autista e, in un’atmosfera surreale, a condividere una tavola immensa con altri cinquecento invitati. Praticamente io ero seduto nel punto più distante dalla regina. Dopo cena però, mentre sorseggiavo un caffè e avevo già avuto modo di scambiare due chiacchiere con il Principe Filippo e Carlo, ad un certo punto ho visto emergere dalla folla sua maestà la regina che mi guarda e mi chiede “Did you enjoy your evening sir?” E’stata una bella emozione. Prima che la mezzanotte scoccasse, per paura di perdere vestito e macchina e tornare nei miei soliti jeans, sono andato via”.

Italiani a Londra, siamo ormai mezzo milione. Cosa pensi quando vedi magari un laureato dei nostri, servire il caffè da Prét a Mangér?

“Credo che sia giusto cercare la propria strada e a volte per iniziare un percorso in una città sconosciuta bisogna cominciare dal basso. Bisogna fare in modo di mettersi al passo con gli altri prima di entrare in corsa e questo vuol dire avere una conoscenza buona della lingua, conoscere le realtà che ci interessano e piano piano trovare la propria strada. Londra è ancora una città che “accoglie” ma la competitività è alta. Io sono sempre stato della ferma convinzione che se si è determinati nel raggiungere un obiettivo, prima o poi lo si conquista. Bisogna essere pronti a fare sacrifici e non demordere e a volte questo può voler dire accettare qualche piccolo compromesso ma ne vale la pena. Londra è una città dove la meritocrazia esiste”.

Il Regno Unito comincia a pensare ad eventuali misure per contenere l’enorme flusso migratorio da parte dei Paesi Europei e addirittura parla di uscire dall’Unione Europea…

“Spero tanto che non succeda, spero non esca dalla Unione Europea, sarebbe terribile. Non posso giustificare quest’idea, io sono assolutamente convinto che i confini debbano rimanere aperti, non possono esserci barriere, in Italia, come qui, come ovunque.

Penso che forse si possa pensare a rivedere l’attuale sistema dei sussidi concessi forse con troppa facilità a chiunque, ma no, negare a qualcuno l’opportunità di cercare lavoro non lo trovo concepibile. In un epoca di globalizzazione dove lo sviluppo tecnologico ha annullato tante barriere mi sembrerebbe assurdo chiudere i confini, è un idea assurda soprattutto considerando la ricchezza che l’immigrazione porta, a livello economico e culturale. L’immigrazione è quella forza che crea dinamismo, incremento demografico, energie e forze nuove. Gli Stati Uniti ne sono la prova lampante e la frase di Emma Lazarus sul piedistallo della famosa statua della libertà sintetizza bene l’importanza dell’immigrazione in un Paese “Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste a me, e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata”. Sono infatti i poveri e i diseredati e non intellettuali e imprenditori la nuova carica di un paese, l’immigrazione è un investimento importante per ogni Paese, sarebbe sciocco negarlo”.

Italiani in procinto di partire per Londra.. cosa dovrebbero portare con sè? 

“Credo che la cosa più importante non sia cosa portare ma forse, cosa lasciare a casa. Il mio consiglio è Travel light! Meglio partire con meno cose possibile, nel mondo in cui andiamo incontro, meno cose materiali abbiamo con noi, meno cose materiali desidereremo, meglio sarà. Soprattutto, ciò che bisogna lasciare a casa sono le sovrastrutture mentali, bisogna essere il più aperti possibili ad accogliere le avventure che ci capiteranno”.

Enrico, da più di 10 anni a Londra e da sempre nel mondo… tornerà in Italia?

“A volte mi piace pensarmi in una casa in riva al mare nella mia terra, scrivere libri, articoli e passeggiare sulla spiaggia, ma poi so che sentirei una nostalgia immensa di quello che Londra mi da, con i suoi stimoli, la sua vita frenetica e la sensazione che ci sia sempre qualcosa da fare. Inoltre mio figlio vive qui e come ogni buon padre italiano mi piace l’idea di stargli vicino. Forse la soluzione migliore sarebbe trascorrere sei mesi qui e sei mesi in Italia, vedremo…”

 

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